Ciao ragazzi, oggi voglio raccontarvi le mie impressioni riguardo gli ultimi accadimenti nel panorama tecnologico. E -nonostante l'immagine di apertura- non mi riferisco solamente al #MWC2015 di Barcellona.
Ho aspettato qualche giorno prima di pubblicare questo articolo poiché volevo analizzare meglio i fatti accaduti. Ma soprattutto perché volevo attendere anche l'ultimo evento Apple, visto che -non so se lo sapete- l'azienda di Cupertino non si mischia con gli altri produttori in eventi comuni.
Visto, però, che di cose ne sono successe davvero parecchie -ed i miei sentimenti in merito sono molto combattuti- ho deciso di suddividere in due parti il mio pensiero.
In questo primo articolo vi parlerò di quello che non mi è piaciuto o che non mi ha convinto molto, lasciando ad una prossima puntata l'arduo compito di risollevare la situazione...
La tecnologia sul nostro corpo
Fin dall'inizio di questo 2015 -ma le avvisaglie erano nell'aria da almeno due anni- ci è stato inculcato che l'IoT sarà l'arma scelta dalle grandi compagnie per cercare di risollevare un mercato tecnologico sempre più piatto e statico.
Al Mobile World Congress di Barcellona praticamente tutti i grandi player -tranne Samsung, in attesa di tempi migliori- hanno mostrato almeno un dispositivo indossabile.
HTC, Acer, LG, Garmin, Huawei, Wiko, Swatch e tantissimi altri, nessuno escluso, hanno portato sul palco qualcosa da poter agganciare al nostro polso (o altre parti del corpo).
C'è chi ha già addirittura pensato ad antivirus per questi nuovi strumenti.
Orologi o tracker per il fitness: i produttori sono tutti alla ricerca di quella fetta di torta che va sotto il nome di wearable.
Fin qui non c'è ovviamente nessun problema: più la concorrenza è forte ed ampia, più possibilità ci sono per l'utente finale! Ed io sono un grande sostenitore della libertà di scelta ed odio i monopoli.
Il vero problema che sta nascendo è che tutti questi dispositivi sono essenzialmente o fotocopie l'uno dell'altro con funzionalità pressoché identiche e zero peculiarità; oppure -ed una cosa non esclude l'altra- sono prodotti che presentano piattaforme proprietarie ed incompatibili tra loro.
Siamo per caso tornati negli anni 90?
Tali device sono prodotti che rientrano nella sfera dei companion. Le informazioni che catturano dal mondo circostante non hanno alcun senso se non aggregate e riportate all'utilizzatore in forma chiara ed utile.
Da una parte ci sono quegli aggeggiucoli (i vari tracker) che hanno la necessità di dialogare con uno strumento che possa raccogliere i dati e darli in output all'utente (ad esempio un tablet o il PC), e dall'altra vi sono i notificatori (gli smart-watch) che aumentano le possibilità di interazione con gli altri dispositivi a cui sono connessi (ad esempio lo smart-phone).
In entrambi i suddetti casi vi è la necessità di riuscire ad instaurare un dialogo con altri dispositivi che -tendenzialmente- si muovono con un sistema operativo differente da quello in uso sul compagnone di turno.
Per tutte le soluzioni proposte, non potendo esse avere minima chance di sopravvivenza senza un ecosistema ben avviato, tutti i produttori hanno dovuto renderle compatibili con quanto presente oggigiorno sul mercato. O per lo meno con il sistema operativo che sta dominando: Android.
Realizzare piattaforme e renderle compatibili con OS di terze parti è davvero un duro lavoro. Ne sanno qualcosa, per esempio, i ragazzi di Pebble che, dopo 3 anni di presenza sul mercato, ad oggi supportano -in modo ufficiale- solamente i due sistemi operativi mobili più diffusi: il sopracitato robottino verde ed iOS (presto anche Windows Phone?).
La mia domanda quindi è: sarà valso lo sforzo?
Ovviamente solo il tempo potrà dircelo, ma la sensazione è che vi è un gran desiderio generale di creare dei piccoli silos con poche e mirate aperture verso l'esterno.
E quando si parla di silos non è mai il massimo per gli utenti finali.
Uno standard chiaramente ancora non c'è ed ognuno si è buttato nella mischia con la propria soluzione. Avrei preferito meno frammentazione...
Ho lasciato fuori dal mucchio due produtturi: Apple e Pebble. Il primo perché -come per tutti i prodotti made in Cupertino- è un mondo decisamente a parte, ed il secondo perché è una realtà ben consolidata e sulla quale tornerò nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda l'Apple Watch ho espresso già mesi fa il mio disappunto in merito: non mi piace e non mi attira più di tanto, oltre ad impiegare soluzioni di UX ed UI che non mi convincono per nulla.
E vogliamo parlare delle sole 18 ore di autonomia annunciate? Dei 17.000$ richiesti per la versione più costosa, o dei cinturini che hanno un prezzo paragonabile a quello di uno smartphone?
Comunque... Esso rappresenta appieno la filosofia tipica nel mondo della mela della gabbia dorata, che è fondamentalmente l'opposto di quello che invece apprezzo in Pebble.
La cosa positiva è che -come spesso accade con i prodotti Apple- la presentazione di ieri ha avviato un processo di insinuazione dell'idea di uno smart-watch nelle menti delle masse.
Sì, se lo fa Apple diventa cool, e prima o poi in molti vedranno cosa può fare un orologio intelligente e in molti cominceranno ad incuriosirsi e ad acquistarne uno.
Non necessariamente l'Apple Watch.
Una manna per la concorrenza.
Ma su questo ci tornerò nella seconda puntata :)
Apple reinvents 24-hour day. 18 hours is all you need.
— Droid Life (@droid_life) March 9, 2015
Le scelte fatte da Apple sono opinabili (e da valutare nel tempo), come quelle fatte da chiunque altro produttore, Pebble compresa, ma l'importante in questo caso è che se ne parli.
Ad ogni modo alle realtà di Pebble ed Apple, opposte e complementari e sicuramente pensate per mercati differenti, va a cozzare con forza un terzo polo: BigG, che ha approfittato della presentazione di Apple per far parlare un po' di sé (be together not the same)...
Basically Apple Watch demoes are a bunch of the same stuff Android Wear watches do now, but with different gestures and buttons.
— Marques Brownlee (@MKBHD) March 9, 2015
Gli smart-watch appartenenti alla famiglia Androidwear -la piattaforma di Google- sono tutti nella stessa barca dell'orologio di Apple: essi sono oggetti nati per essere compatibili solo con la controparte software che anima i nostri dispositivi touch.
C'è una scelta chiara da fare fin da subito: o Google/Android o Apple/iOS.
Ma se non altro, nel frammentato ed ingombrante mondo del robottino verde la scelta si fa sempre più ampia, ma pur sempre autoreferenziale (o forse no?).
Le cose che finora non mi hanno convinto molto nella piattaforma wearable di Android sono la necessità di hardware abbastanza carrozzato -che riduce l'autonomia dei dispositivi- e, fondamentalmente, la limitatezza stessa della soluzione proposta.
Problemi intravisti anche nella variante pensata a Cupertino...
L'interfaccia di Androidwear può essere anche accattivante (e sicuramente con tantissime potenzialità) ma allo stesso tempo è macchinosa e troppo forzatamente legata a Google Now.
Inoltre soffre dello stesso errore fatto anche da Apple: riportare la stessa logica che anima i nostri dispositivi mobili anche sui wearable.
Per me, per ora, è un no...
E se c'è l'indossabile possiamo ingrandire il mobile
Tempo fa scrissi un divertente articolo sul perché dei phablets. Ora è sempre più evidente come i termini phablet e wearable (soprattutto il sottoinsieme smart-watch + smart-band) debbano andare a braccetto.
Da qui al 2019 è prevista una esplosione di quei dispositivi dagli schermi immensi e dalla scarsa portabilità (e dall'inesistente comodità di utilizzo ad una mano). Tale esplosione renderà inevitabile l'interesse da parte dei consumatori anche verso quei companion, come gli indossabili, che finora hanno avvicinato praticamente solo gli early adopters o piccole nicchie di utenti.
E visto che ho parlato di phablets, perché non allargarci anche a tutto il settore smart-phone? Tanto ormai la differenza è sempre meno netta...
Al MWC, evento principe per la presentazione di nuove generazioni di dispositivi mobili che andranno a riempire gli scaffali (reali o virtuali) nei mesi a seguire, anche quest'anno non sono mancati gli appuntamenti con i grandi nomi del settore.
Una delle cose che più mi hanno colpito è stata la grande abbondanza di smart-phone presentati in duplice fattezza: una versione più piccola ma comunque già ad elevato polliciaggio, accompagnata da una seconda incarnazione con display ancor più grande!!
Samsung, HTC, Huawei, LG, Sony, Acer, Microsoft, Alcatel, Lenovo ed una marea di altri brand (tra cui anche Blackberry, Nokia, Asus, BQ, Gionee, Kazam, Honor, Wiko ed Archos), più o meno famosi, hanno presentato la loro offerta: e se il Samsung Galaxy S6 e l'HTC One M9 erano i prodotti più attesi -hanno praticamente monopolizzato lo show!- non sono comunque mancati molti altri dispositivi.
Ho apprezzato la presentazione di buoni dispositivi di fascia media: segno che non è davvero più necessario puntare ai top di gamma. E parlando proprio di quest'ultimi, ho potuto notare che quest'anno come accadde anche nel 2014 molte delle case più blasonate -penso ad HTC- hanno proposto essenzialmente iterazioni del lavoro svolto finora.
Inoltre, non c'è stato alcun colpo di scena: tutto era praticamente già noto da settimane e, anche ciò che non era ancora uscito allo scoperto, non ha fatto gridare al miracolo.
Se il 2014 è stato l'anno in cui si è affinato il lato hardware, portando principalmente nuova potenza, il 2015 sarà l'anno dei materiali!
Se i prodotti di fascia media sono diventati molto competitivi, i produttori non possono più fare il giochetto dell'inondazione del mercato con dispositivi tutti uguali proposti a prezzi esorbitanti: i brand cinesi in primis (Oppo, Oneplus, Xiaomi, Meizu, ZTE, Lenovo, Zopo, ZTE, ...), ma anche molti altri come Motorola, hanno mostrato e dimostrato che è possibile offrire prodotti a costi contenuti dall'elevato rapporto qualità/prezzo.
L'unica arma perciò rimasta a giustificare i cartellini salati è quella di propinare materiali "nobili" o "pregiati" per andare a impreziosire quella che -ai miei occhi- rimane la solita minestra riscaldata.
Stessa tecnica utilizzata in parte da Apple per anni.
HTC stavolta ha fatto anche meno di Samsung, a mio avviso, ed entrambe non hanno comunque fatto molto più degli altri.
Seppur con il Galaxy S6 edge Samsung abbia tentato di portare qualcosa di nuovo, io rimango ancora perplesso della direzione in cui si stiano muovendo le cose...
Che il mercato, per lo meno quello occidentale, sia davvero arrivato ad uno stallo?
I tablet ad esempio non si vendono più come prima (che la moda sia finalmente passata?) e forse gli utenti cominciano a non credere più alle baggianate che gli vengono propinate continuamente.
Secondo me la risposta è comunque no: c'è ancora margine di miglioramento.
Ma di questo vi parlerò prossimamente: c'è tutto un mondo di prodotti e produttori che non ho interpellato in questa prima parte del mio intervento, che mi hanno stuzzicato con proposte interessanti.
Ricapitolando...
Quello che mi ha deluso finora in questo 2015 è l'inondazione del mercato da parte di sempre più produttori con dispositivi buttati lì "solo perché la moda è quella", senza particolari punti di forza; mi disturba l'eccessiva corsa all'hardware così inutilmente pompato e verso l'ingrandimento non necessario delle dimensioni/superfici.
Mi hanno deluso i big del settore che non rischiano e avanzano avvicinando costantemente i passetti, portando innovazioni con il contagocce, affidando ai brand più piccoli l'avanscoperta e nascondendosi dietro al trucchetto del prodotto "figo/pregiato" come unico metro di differenziamento.
Vi sarò sembrato forse troppo deluso dalla kermesse barcellonese e dagli eventi a contorno, ma non preoccupatevi perché ci sono state anche buone nuove e ve ne parlerò molto presto!
E voi, cosa ne pensate degli ultimi eventi dell'ambito tecnologico?
C'è qualcosa che vi ha colpito?
A presto!